I CAS, Centri di Accoglienza Straordinaria, sono strutture individuate dalle Prefetture, in convenzione con cooperative, associazioni e strutture alberghiere, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. Alle persone accolte sono garantiti servizi di accompagnamento e volti all’integrazione, servizi sanitari, vitto e alloggio, fino al momento del riconoscimento dello status di rifugiato, e fino a sei mesi successivi al riconoscimento.
Questo lavoro viene pagato attraverso fondi nazionali, che derivano da fondi europei (a cui anche l’Italia contribuisce), nella misura di una cifra “standard” a persona. È una cifra che si aggira intorno ai 35 euro al giorno per un adulto, che remunera tutto il servizio: gli educatori, il personale sanitario, i mediatori, gli avvocati, l’affitto delle strutture, il vitto, il vestiario, i trasporti e ogni altra spesa necessaria. Alla persona sono riservati 2 euro o 2,5 euro al giorno, una risorsa lasciata all’individuo, che si chiama tecnicamente “pocket money”.
Le persone accolte nei CAS fanno domanda di asilo, quindi il modo corretto di riferirsi loro è “richiedenti asilo”; entro alcuni mesi vengono chiamati a presentarsi a una Commissione presso la Questura che può riconoscere (o non riconoscere) lo status di rifugiato per motivi di:
Se la richiesta non viene accolta dalla Commissione, il richiedente asilo ha diritto a ricorrere contro il giudizio, una sola volta.
Se il ricorso non è accolto il richiedente asilo non può più rimanere nel nostro Paese.